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Bitumi

Anche se nel linguaggio comune termini come “bitume”, “catrame” o “asfalto” sono spesso usati indifferentemente, essi hanno significato diversi. Un motivo di confusione è dovuto al fatto che, fra i diversi Paesi, esistono differenze sostanziali nel significato attribuito allo stesso termine. Per esempio, il bitume da petrolio è chiamato asphalt negli USA, mentre in Europa “asfalto” è la miscela di bitume e aggregati lapidei (conglomerato bituminoso) utilizzata per la pavimentazione stradale. In Europa con il termine bitume si indica il residuo della distillazione del petrolio.

Differenza tra bitume e asfalto

Il bitume è costituito da una miscela d’idrocarburi a elevato peso molecolare. I rapporti percentuali fra i componenti variano, molto, in relazione al petrolio greggio di provenienza e al metodo di distillazione.

In realtà, il bitume era già noto prima dell’inizio dello sfruttamento dei giacimenti petroliferi come prodotto di origine naturale, denominato in questo caso “bitume asfaltico nativo”. Era utilizzato dai Romani come legante in edilizia. Depositi di bitume nativo sono presenti in tutto il mondo, in zone con caratteristiche geologiche adeguate, nelle quali l’alta permeabilità delle formazioni rocciose ha permesso un processo di frazionamento naturale del petrolio greggio.

Il bitunie naturale è un prodotto non più utilizzato nell’industria. I processi di raffinazione del petrolio producono, oggi, bitumi di qualità idonea a tutti gli usi per i quali sono destinati, dall’impermeabilizzazione alla pavimentazione stradale.

Il bitume ottenuto come sottoprodotto della distillazione del petrolio può essere utilizzato tal quale oppure sottoposto a processi chimici e fisici che ne variano la composizione, al fine di conferirgli specifiche proprietà.

Le operazioni più comuni sono i processi di ossidazione e la miscelazione con polimeri diversi.

L’asfalto è una miscela di bitume con materiali lapidei (pietrisco, sabbia, polverino). Per un approfondimento sull’asfalto rimandiamo al nostro sito: asfalti.it

Il catrame, che corrisponde alla parola inglese tar, è un materiale con aspetto simile al bitume, ma del tutto diverso per origine e composizione, E, infatti, ottenuto dalla distillazione del litantrace (un carbone fossile). Questo materiale, rispetto al bitume, mostra un contenuto più elevato di idrocarburi policiclici aromatici e numerosi altri composti contenenti ossigeno, azoto e zolfo.
In molti Paesi, in passato, il catrame di carbone era spesso sostituito o mescolato al bitume a livello industriale. Tale utilizzo, ora del tutto cessato, ha diffuso l’abitudine di utilizzare indifferentemente i due termini catrame e bitume nell’uso comune.

Caratteristiche degli asfalti

Il petrolio greggio è composto da idrocarburi alifatici, cicloalcani, nafteni. composti aromatici e poliaromatici. Gli ultimi tre composti sono quelli più pesanti e più stabili, che si ritrovano nel prodotto di fondo della colonna di distillazione. Di conseguenza, petroli con più elevate percentuali di questi composti sono i più adatti alla produzione di bitume.
Dal punto di vista qualitativo, il bitume è costituito da due principali classi di composti: gli asfalteni e i malteni.

Gli asfalteni, presenti nel bitume dal 5 al 25% in peso, sono miscele complesse di idrocarburi, costituiti da composti aromatici con anelli condensati e da composti eteroaromatici contenenti zolfo. Sono presenti anche ammine e ammidi, composti ossigenati (chetoni, fenoli o acidi carbossilici), nichel e vanadio.
I malteni possono a loro volta essere suddivisi in due sottogruppi:

  • resine;
  • oli.

Le resine sono i composti più polari, dal punto di vista strutturale molto simili agli asfalteni. Rispetto a questi, hanno un peso molecolare minore e un rapporto carbonio alifatico/carbonio aromatico molto più elevato a causa del maggior numero di catene paraffiniche.

La frazione oleosa è costituita da anelli naftenici e aromatici collegati da lunghe catene alifatiche. Nei bitumi gli oli sono la frazione a più basso peso molecolare.
Dal punto di vista del comportamento macroscopico ognuno dei composti, in virtù delle sue caratteristiche chimiche, ricopre un ruolo diverso.
Gli asfalteni sono responsabili della consistenza, della resistenza alle sollecitazioni meccaniche e dell’adesività del bitume. Le resine conferiscono elasticità e duttilità. Gli oli danno fluidità e sono gli artefici dello scorrimento a caldo del bitume, che è fondamentale per ricoprire con efficacia, e velocemente, il materiale lapideo che forma il conglomerato bituminoso per le pavimentazioni.

Il bitume è un materiale caratterizzato da elevatissima sensibilità termica. A temperatura ambiente e fino a circa 70 °C, il comportamento è viscoelastico. Oltre questa temperatura avviene la transizione da liquido viscoelastico a fluido. La transizione vetrosa’ si manifesta intorno ai -20 °C; questo valore è grossomodo costante per tutti i tipi di bitume e anche l’aggiunta di polimeri non provoca grandi variazioni.

A causa della sensibilità termica, la caratterizzazione tecnologica del bitume avviene con prove reologiche nelle quali sia assicurato un accurato controllo della temperatura.
La viscosità, definita come resistenza allo scorrimento, è determinata mediante numerosi tipi di viscosimetri, da quelli classici a efflusso capillare a quelli rotazionali.
La penetrazione è la profondità alla quale un ago standard affonda nel bitume a determinate condizioni di carico, tempo e temperatura. La prova permette di determinare la consistenza e la durezza di un bitume.

La temperatura di rammollimento (TR) indica il passaggio graduale dallo stato solido a quello liquido. Essa è determinata mediante il metodo della palla e dell’anello. Il bitume è fuso e lasciato solidificare in un anello. Su di esso si appoggia una biglia standard e si sospende il tutto su una piastrina posta a una determinata distanza da esso. Il bitume, riscaldato con una velocità costante, si deforma sempre più e, sospinto dalla biglia, tocca la piastrina. La temperatura a cui avviene il contatto è il punto di rammollimento. Più un bitume è consistente, maggiore è il valore TR. Questo deve variare fra 65 e 115 °C per i bitumi, sia soffiati sia ossidati, impiegati per l’impermeabilizzazione dei tetti.

L’indice di penetrazione (IP) fornisce un’indicazione sulla suscettibilità di un bitume al calore e si ottiene dalla combinazione dei risultati delle prove precedenti. I bitumi con un più alto punto di rammollimento possiedono un valore di IP maggiore, in altri termini una minore sensibilità alla temperatura.

Il punto di rottura Fraass corrisponde alla temperatura alla quale un film di bitume dello spessore di 0,5 mm, disposto su una piastrina metallica, presenta sulla superficie le prime screpolature per effetto di ripetute flessioni di ampiezza costante. Queste sono provocate mediante un’apparecchiatura all’interno della quale la temperatura è fatta decrescere con un gradiente di 1°C/min. Più elevato è il punto di rottura, cioè più alta è la temperatura alla quale compaiono le prime fessure, più fragile è il bitume.

La duttilità è misurata dalla lunghezza alla quale è possibile allungare il bitume prima che arrivi alla rottura. La densità, eseguita con un picnometro, è utile soprattutto per la classificazione fiscale: il bitume deve possedere una densità a 70 °C pari o superiore a 0,942.
Il saggio relativo all’infiammabilità indica se un bitume è stato inquinato con prodotti leggeri, aggiunti per migliorarne la stabilità. Si determina riscaldando il bitume, in condizioni standard, e osservando a quale temperatura si accendono i vapori.

Bitumi ossidati o soffiati

Un netto miglioramento delle proprietà del bitume si consegue mediante insufflazione di aria nel bitume fuso, a temperature superiori a 100 °C. L’ossigeno dell’aria reagisce con i composti aromatici presenti nel bitume trasformandoli in prodotti a maggior peso molecolare: si incrementa in questo modo la frazione degli asfalteni. Ciò conferisce alla struttura una maggiore robustezza, una minore sensibilità alle sollecitazioni termiche e una maggiore elasticità. Il bitume diventa più idoneo per applicazioni su tetti o per rivestimento. Sono utilizzati anche nella fabbricazione di cartoni e feltri bitumati e nella produzione di vernici al bitume.

Bitumi modificati

I bitumi sono materiali termoplastici, ossia sensibili alle variazioni di temperatura. Essi, infatti, tendono a diventare duri con il freddo e fluidi e morbidi con il caldo. Se mescolati con sostanze polimeriche come gomme naturali, stirene ecc. l’intervallo di temperatura entro il quale si possono impiegare, senza che si manifestino inconvenienti legati all’instabilità termica, è maggiore. Sono così nati i cosiddetti bitumi modificati che, oltre a una minore sensibilità termica, hanno anche maggiore resistenza all’usura e a processi d’invecchiamento. I conglomerati bituminosi modificati si impiegano per le pavimentazioni stradali che diventano drenanti e fonoassorbenti.

Conglomerato bituminoso

Sebbene il bitume sia utilizzato nell’edilizia anche per la produzione di guaine di impermeabilizzazione, la maggior parte è utilizzata in campo stradale a formare i cosiddetti conglomerati bituminosi che, stesi in strati di diverso spessore e composizione, costituiscono la pavimentazione.
La funzione primaria di una pavimentazione è di garantire una ripartizione dei carichi sul sottofondo, compatibilmente con le caratteristiche di resistenza di quest’ultimo. Per fare ciò è indispensabile che i materiali costituenti la pavimentazione abbiano rigidezza e contemporaneamente elasticità. L’ossatura del conglomerato è il materiale lapideo, per il quale il bitume funge da legante.

La produzione di conglomerati bituminosi si esegue in appositi impianti nei quali il bitume e l’aggregato sono mescolati a 150 °C circa. Il conglomerato, così preparato, è caricato su macchine stenditrici che, mantenendo la miscela a una temperatura adatta alla lavorazione, raggiungono il luogo della posa in opera. La temperatura di miscela non deve essere inferiore a 100-120 °C. La pavimentazione si può realizzare in vari spessori, da 1-2 cm fino a 15-20. Oggi si utilizzano anche moderni impianti semoventi che, riciclando la vecchia pavimentazione, consentono di ottenere nuovi manti di usura che hanno le stesse caratteristiche di quelli messi in opera con prodotti vergini, con notevole risparmio energetico e riduzione di costi.

I conglomerati bituminosi presentano una composizione e un comportamento reologico complesso. Essi sono, infatti, materiali a tre o addirittura a quattro fasi (aggregati, bitume, aria e in alcuni casi acqua), solo macroscopicamente omogenei. Le loro caratteristiche meccaniche e di durabilità dipendono pertanto dalle interazioni e dai rapporti quantitativi tra le fasi e dalle proprietà degli aggregati lapidei e del bitume.

Gli aggregati forniscono al materiale uno scheletro solido che, attraverso l’addensamento e il contatto tra i granuli, determina lo sviluppo della resistenza al taglio. In tale contesto, tanto le loro caratteristiche granulometriche e di forma quanto quelle meccaniche e chimiche rivestono un ruolo importante.
Gli aggregati sono selezionati in modo tale che i vari strati della pavimentazione siano costituiti da elementi di granulometria via via più fine e più regolare man mano che ci si avvicina alla superficie. Lo strato di usura può richiedere un trattamento superficiale che ne aumenta la ruvidità.

Poiché è fondamentale che gli aggregati non si disgreghino sotto l’azione delle sollecitazioni del traffico veicolare, esistono procedure sperimentali per la valutazione delle loro caratteristiche di resistenza all’abrasione, all’usura e alla frantumazione. La più diffusa tra queste è la prova Los Angeles nella quale un campione del materiale lapideo è sottoposto a 500/1000 cicli di rotazione in un tamburo rotante insieme a sfere metalliche di dimensioni e peso normalizzati. La perdita percentuale in peso del materiale passante a un opportuno setaccio costituisce il cosiddetto coefficiente Los Angeles.

Il legante costituisce mediamente solo il 5% della miscela. Nonostante ciò, dal bitume dipendono, in pratica, tutte le proprietà meccaniche di un conglomerato.
Le caratteristiche fondamentali di un buon bitume sono elencate di seguito.

  • Sufficiente rigidità anche alle elevate temperature di esercizio, accompagnata da una non eccessiva fragilità nel periodo invernale, o in climi molto freddi.
  • Buona adesività all’aggregato. Ciò conferisce resistenza meccanica alle sollecitazioni, giacché le caratteristiche viscoelastiche del bitume si trasmettono al conglomerato. Inoltre, rende la pavimentazione impermeabile, impedendo all’umidità di penetrare.
  • Facilità di mescolamento con l’aggregato. Il bitume legante non deve presentare eccessiva viscosità alle alte temperature altrimenti la miscelazione sarà incompleta.
  • Durabilità del conglomerato bituminoso.

Lo strato superficiale è il più sottoposto a deterioramento, non solo a causa del traffico, ma anche delle condizioni ambientali. La radiazione solare, la pioggia, l’ossidazione da parte dell’ossigeno atmosferico, sono tutti fenomeni che contribuiscono in maniera determinante all’usura della pavimentazione.
I problemi più frequenti di deterioramento sono:

  • le deformazioni permanenti con formazione di impronte;
  • la rottura a fatica con fessurazioni in direzione prevalentemente longitudinale. Uno stadio avanzato di questo tipo di deterioramento porta alla formazione di crepe in tutte le direzioni che danno luogo al distacco di pezzi di conglomerato, generando buche;
  • le fessurazioni a basse temperature in direzione trasversale alla direzione del traffico, dovute a ritiro termico.

La durabilità del conglomerato bituminoso dipende anche dall’effetto che l’umidità ha sul legame di adesione all’interfaccia aggregato-bitume.

La penetrazione di acqua all’interfaccia aggregato-bitume può avvenire mediante diffusione attraverso i film di bitume o attraverso le fessure presenti nella matrice legante. In ambedue i casi l’acqua entra in competizione con il bitume e porta all’indebolimento e di conseguenza alla perdita del legame di adesione tra aggregato e bitume. Il fenomeno, detto spogliamento, determina uno scadimento delle proprietà meccaniche del conglomerato bituminoso. Esso si manifesta sotto forma di diversi dissesti della pavimentazione.

Questi stessi deterioramenti e altri di tipo strutturale sono favoriti dal progressivo indurimento e infragilimento che il bitume subisce nel tempo, a seguito di una serie di fenomeni che ne alterano la composizione chimica e la struttura. L’insieme di tali fenomeni va sotto il nome di invecchiamento.

Le caratteristiche chimiche e fisiche del bitume possono variare nel tempo, in particolare nei primi due-tre anni dalla messa in opera. Dopo questo periodo l’invecchiamento del materiale procede in maniera più lenta. L’entità del fenomeno dipende molto dalle modalità di preparazione del conglomerato. Nella camera di miscelazione, infatti, il bitume è esposto a un flusso di aria calda (150 °C) e poi miscelato con gli aggregati. In questo processo iniziano fenomeni di volatilizzazione e ossidazione dei componenti che continuano anche dopo la messa in opera, modificando le proprietà reologiche in maniera continua, anche se con velocità ridotta.

Principali usi del bitume

Il bitume si utilizza soprattutto per il trattamento superficiale delle strade (asfaltatura). La sua caratteristica impermeabilizzante è sfruttata anche per le coperture e per la preparazione di vernici. Il bitume si adopera anche per proteggere dalla corrosione cavi elettrici e tubazioni metalliche.

Nella costruzione di pavimentazioni per strade con traffico pesante, la miscela calda pietrisco-bitume si sparge su un pietrame fitto e compatto e si cilindra, mentre è ancora calda, per ottenere una superficie liscia. Sulle strade soggette a traffico leggero si applica un manto sottile, poco costoso, spruzzando sulla base stradale bitume fluido e ricoprendolo, senza indugio, con uno strato di graniglia che è assestato mediante leggera rullatura. I cartoni e i feltri bituminati sono formati da un supporto costituito da carta o fibre – di vetro o naturali – impregnate di bitume e da un eventuale materiale di copertura che serve ad aumentare la resistenza e la coibenza termica.

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