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Ceramici tradizionali

Con il termine “ceramici tradizionali” sono indicati i prodotti ottenuti da materie prime inorganiche, formati a freddo e consolidati mediante cottura. Questi ceramici sono impiegati da lungo tempo, e perciò considerati “tradizionali”. Sono ottenuti da materie prime molto diffuse in natura nelle quali le argille, insieme con altri silicati, giocano un ruolo decisivo.

Il carattere ceramico nasce dalla composizione chimica in quanto son presenti elementi di carattere sia metallico e sia non metallico che danno luogo a forti legami primari, responsabili della durezza e della fragilità. Molte volte hanno strutture disordinate e, quindi, non presentano un pungi di fusione, ma un intervallo di rammollimento. A freddo non presentano plasticità e non possono essere formati come i metalli.

La stabilità chimica di questi ceramici è eccezionale. In pratica, è inesistente la corrosione dovuta agli agenti atmosferici, a temperatura ambiente.

La classificazione dei prodotti ceramici tradizionali, utilizzati in edilizia, è basata sul campo di applicazione:

  • elementi per solai, pareti, coperture (laterizi);
  • convogliamento di fluidi e scarichi (tubi in grès);
  • apparecchi per servizi igienico-sanitari (sanitari);
  • rivestimento di pavimenti e pareti (piastrelle).

Questa classificazione può essere integrata con ulteriori suddivisioni, in funzione di altri parametri, quali:

  • la struttura, porosa o compatta;
  • lo stato della superficie, smaltata o non smaltata;
  • il supporto, bianco o colorato.

La differenza esistente tra prodotti a tessitura porosa e quelli a tessitura compatta è dovuta alla temperatura di cottura. Nel primo caso, infatti, la cottura avviene a temperatura relativamente più bassa per cui si ottiene un materiale resistente, ma poroso. Nel secondo la cottura è spinta fino a provocare la formazione di una pasta omogenea, senza pori.

Tecnologia di fabbricazione: aspetti generali

Per la fabbricazione dei prodotti ceramici tradizionali sono richieste materie prime in grado di svolgere la funzione:

  • plastificante;
  • strutturale;
  • fondente.

Funzione plastificante

I ceramici sono foggiati a crudo, da impasti con diverso contenuto di acqua, in funzione del metodo di formatura adottato. L’impasto, ai fini della lavorabilità, deve avere una certa plasticità, una condizione cioè per cui una pressione a esso applicato possa deformarlo senza rottura e, d’altra parte, conservare la forma acquisita anche dopo la rimozione della pressione. La plasticità, acquisita in presenza di acqua, è perduta dopo essiccamento. Essa è irreversibile dopo riscaldamento a 500-600 °C.
Le materie prime, plastiche per eccellenza, sono le argille (silicati idrati di Al, Ca, Mg ecc.). La loro plasticità è conseguenza della struttura mineralogica, della granulometria molto fine (minore di 4 µm) e della morfologia delle particelle nonché di fenomeni colloidali che caratterizzano il sistema argilla-acqua.

Funzione strutturale

L’essiccamento e la cottura sono accompagnati da fenomeni fisici e chimici (avvicinamento delle particelle, formazione di fasi fuse) cui sono associati variazioni dimensionali, in particolare ritiri. Queste deformazioni, se eccessive, mettono in pericolo l’integrità dei manufatti. A ciò si aggiunga il rischio connesso con un’eccessiva plasticità dell’impasto: maggiore è la plasticità, minore è lo sforzo da applicare per avere deformazione, ma aumenta il pericolo che il pezzo crudo si deformi sotto il proprio peso. Per contrastare questi effetti si utilizzano aggiunte di “smagranti” i quali hanno la funzione di costituire uno scheletro rigido. Gli smagranti, in genere. sono sabbia silicea o argilla torrefatta macinata (chamotte).

Funzione fondente

Per raggiungere le caratteristiche meccaniche desiderate, è fondamentale che durante la cottura si formi una fase liquida che vada a riempire la porosità lasciata o dall’acqua durante l’essiccamento, o prodotta dalla liberazione di composti gassosi. La diminuzione della porosità è tanto maggiore quanto più elevata è la quantità di fase liquida che si forma. Nel corso del raffreddamento il liquido forma un vetro compatto che costituisce la matrice del prodotto. Le materie prime fondenti sono il carbonato di calcio, i feldspati (silico-alluminati di K e Na), l’ossido di ferro, i fosfati.

Ciclo tecnologico

Preparazione degli impasti

I differenti prodotti ceramici si preparano con procedimenti assai simili. Un diagramma di lavorazione generico è il seguente.
a) Approvvigionamento delle materie prime e loro caratterizzazione. La scelta della materia prima deve tener conto che: le argille per mattoni e laterizi possono contenere una notevole quantità di composti di ferro e di carbonato di calcio, purché uniformemente diffuso; le argille per prodotti più fini devono “cuocere bianche” e pertan, contenere un basso contenuto di ferro e di altre impurezze coloranti
b) Atmosferizzazione del materiale argilloso. Talvolta l’argilla, subito dopo l’escavazione, è esposta agli agenti atmosferici per lunghi periodi. L’alternarsi del gelo e del disgelo e del caldo e freddo si traducono in un’azione meccanica di disintegrazione delle particelle, con conseguente incremento della plasticità. Si registrano anche trasformazioni chimiche, quali per esempio quelle riguardanti composti ossidabili.
c) Frantumazione e macinazione. Operazione preliminare alla macinazione è la frantumazione che assicura il miglior rendimento dei mulini. La macinazione fine si compie sia a secco sia a umido. Al fine di evitare l’inquinamento da ferro metallico, per effetto della macinazione, i materiali bianchi per porcellane e terraglie sono macinati in mulini rivestiti con piastre di porcellana o pietre di silice e con corpi macinanti dello stesso materiale.
d) Vagliatura. La vagliatura dei materiali ha lo scopo di eliminare sia le particelle non sufficientemente fini sia eventuali corpi estranei.
e) Dosaggio e miscelazione. Le materie prime, macinate, sono dosate, mescolate e omogeneizzate per ottenere gli

impasti da sottoporre a formatura, essiccazione e cottura.

 

Formatura

I metodi di formatura possono essere classificati in funzione del contenuto di acqua dell’impasto di partenza; ai vari metodi corrispondono diversi livelli della pressione esercitata per deformarlo nella forma voluta. In ordine crescente del contenuto di acqua dell’impasto, i metodi sono:

  • pressatura;
  • estrusione;
  • colaggio.

Pressatura
La pressatura consiste nella compattazione di polveri, aventi umidità del 5-7%, in appositi stampi. La pressione applicata deforma, riassetta e pone in intimo contatto i granuli d’impasto, con il risultato di ottenere un prodotto compatto, con caratteristiche meccaniche sufficienti a resistere alle sollecitazioni che il pezzo dovrà subire nelle successive lavorazioni (movimentazione, applicazione dello smalto ecc.).
La pressatura isostatica si compie per effetto di una pressione esercitata sul materiale da tutte le direzioni. Consente di ottenere uniforme densità nel pezzo finito.

Estrusione
Il manufatto, formato per estrusione, deve essere confezionato con una pasta contenente acqua in quantità variabile tra il 15 e il 20%. La pasta è alimentata con un apparecchio pulsore (ad elica, a cilindro o a stantuffi). talvolta disaerata per migliorarne la compattezza – mediante passaggio in una camera sotto vuoto – e sollecitata contro un’apertura a sezione prestabilita (filiera). Di questa ne assume il profilo fuoriuscendo, poi, in forma continua e suscettibile di esser tagliata in pezzi della lunghezza desiderata. Il componente estruso può essere ancora sagomato per stampaggio (tegole).

Colaggio
L’impasto per il colaggio è una sospensione acquosa, con contenuto di acqua variabile tra i130 e il 40%. L’impasto, detto barbottina, nelle tradizionali tecniche di colaggio, è versato in uno stampo poroso, in genere di gesso, riproducente la forma del manufatto da realizzare. Lo stampo, assorbendo per capillarità la maggior parte del liquido, promuove la consistenza della pasta. Il pezzo, staccatosi dallo stampo in conseguenza del ritiro, è rimosso ed è pronto per l’essiccazione e la successiva cottura. Tale procedimento di formatura, semplice ed economico, si riserva alla produzione di oggetti di grandi dimensioni, difficilmente ottenibili per pressatura.

Essiccazione

L’essiccazione ha lo scopo di allontanare dai pezzi formati l’acqua d’impasto, in modo controllato, così da salvaguardare l’integrità e la regolarità di forma e dimensione dei pezzi. La rimozione dell’acqua avviene in due stadi distinti. In un primo stadio si ha la diffusione dell’acqua liquida verso la superficie del pezzo. Nel secondo, l’acqua evapora dalla superficie del pezzo. L’essiccamento provoca un progressivo avvicinamento delle particelle dell’impasto, con conseguente compattazione e ritiro dimensionale. I pezzi formati si essiccano mediante circolazione di aria.

Cottura

La cottura è l’operazione atta a provocare una modifica fondamentale del prodotto crudo. Si forma un manufatto dotato di resistenza meccanica e di resistenza agli agenti chimici. La cottura consiste nel riscaldamento e successivo raffreddamento dei pezzi essiccati. In aggiunta alle trasformazioni permanenti, la cottura è accompagnata anche da modificazioni temporanee del solido, quali dilatazioni-contrazioni.
Le trasformazioni fisico-chimiche che si verificano nel corso della rottura, sono elencati di seguito.

  • Fino a 200 °C: eliminazione dell’acqua igroscopica.
  • A partire da 300-350 °C: eliminazione dell’acqua zeolitica, combustione delle sostanze organiche e dissociazione dei solfuri.

  • A 573 °C: trasformazione della silice (SiO,) che si trova sotto forma di quarzo a in quarzo /3. Questa trasformazione è reversibile: in fase di raffreddamento la trasformazione opposta interessa il quarzo /3 residuo – cioè quello che a temperatura elevata non si è combinato – presente nel cotto. Le due fasi hanno volumi specifici differenti, con conseguente possibilità di rotture del manufatto, in special modo in fase di raffreddamento.
  • Da 600 a 800 °C: collasso del reticolo dei minerali argillosi e liberazione dell’acqua di costituzione.
  • Intorno a 900 °C: decomposizione dei carbonati con liberazione di CO2.
  • A partire da 900 °C: reazione della silice e dell’allumina con altri costituenti dell’impasto e formazione di silico-alluminati. Questi impartiscono al corpo ceramico le caratteristiche proprietà fisico-meccaniche.
  • A temperature superiori ai 1000 °C, differenti secondo la composizione della pasta, i silico-alluminati iniziano a rammollire e a fondere, dando origine alla formazione, nel successivo raffreddamento, di una fase vetrosa. Questa, inglobando le particelle meno fusibili, impartisce al prodotto durezza e compattezza.

L’evolversi di queste reazioni, in funzione delle materie prime impiegate, condiziona la microstruttura del prodotto cotto. Fino a 600 °C la massa è sempre porosa con ampia porosità aperta. Nel caso dei prodotti ottenuti da materie prime contenenti carbonati (laterizi e alcuni tipi di piastrelle). la porosità tende ad aumentare intorno a 800-900 °C, per effetto della decomposizione di tali composti.
Questi medesimi impasti, se riscaldati a una temperatura superiore a 1050-1100 °C, giungono a una repentina fusione, con conseguente afflosciamento e collasso del pezzo, data l’elevata fluidità impartita dall’ossido di calcio alle fasi fuse. Di conseguenza, i prodotti ottenuti da impasti contenenti carbonati debbono essere cotti a temperature inferiori a 1050 °C. In tali condizioni vi è una modesta quantità di fase liquida e conseguente presenza, nel prodotto finale, di una struttura porosa.

 

I rivestimenti

Si suddividono in due categorie: rivestimenti vetrosi e ingobbi.
I rivestimenti vetrosi sono costituiti da vetri fusibili di differente composizione e si dividono, a loro volta, in vetrine (vernici) e smalti. Le vernici sono trasparenti, gli smalti opachi.
Le vetrine sono rivestimenti superficiali capaci di occludere i pori e rendere la superficie dei manufatti liscia e lucente. Le vetrine hanno composizione diversa (per esempio ossido di piombo, anidride borica e feldspato).
Gli smalti sono rivestimenti applicati sulla superficie dei pezzi allo scopo di renderla impermeabile o non assorbente, più dura e resistente, più agevolmente pulibile, esteticamente più bella (per quanto concerne colori, brillantezza, decorazioni ecc.).
L’ingobbio è costituito da uno strato di pasta bianca, argillosa, che ricopre l’oggetto e che, a sua volta, è ricoperto con vernice, la quale induce lucentezza. L’ingobbio ha lo scopo di nascondere il colore rossiccio della pasta cotta e conferire maggiore pregio al prodotto.
Variando la composizione varia il comportamento alla dilatazione del rivestimento, consentendo di ottenere un prodotto con coefficiente di dilatazione quanto più prossimo a quello della pasta ceramica. Se, infatti, il coefficiente di dilatazione del rivestimento è superiore a quello della pasta, si registra l’inconveniente della cavillatura, ossia il rivestimento, nel corso del raffreddamento, si strappa. Se il coefficiente di dilatazione del rivestimento è, al contrario, inferiore a quello della pasta, si registra l’inconveniente della scheggiatura.
Il rivestimento può essere applicato in differenti stadi della produzione:

  • sul pezzo crudo, parzialmente essiccato, come nella porcellana tenera o nella terraglia per apparecchi sanitari;
  • sul pezzo sottoposto a un primo trattamento termico, come nella porcellana dura;
  • sul pezzo cotto, come nei prodotti a tessitura porosa (terraglie, faenze).

L’applicazione del rivestimento può essere fatta con diverse tecniche:

  • per immersione;
  • a spruzzo;
  • per spennellatura;
  • per volatilizzazione, così come avviene nella “salatura” del grès.

Prodotti a tessitura porosa

Appartengono a questo gruppo i laterizi, le terrecotte, la faenza e le terraglie.

I Laterizi

Questa denominazione comprende numerosi materiali da costruzione quali mattoni pieni e mattoni forati, tegole, tavelle ecc. Questi prodotti, in genere, non sono rivestiti.
I laterizi, insieme alle pietre da costruzione, costituiscono un materiale di uso comune. La resistenza a compressione è compresa tra 20-50 MPa e può raggiungere i 70 MPa per i mattoni pieni, contro i 15 MPa di un tufo e i 100 MPa di molte pietre usate in edilizia. La resistenza a trazione è molto minore, raggiungendo il 5°% e, di raro, il 10% della resistenza a compressione. I laterizi hanno il vantaggio, rispetto alle pietre da costruzione, di essere modellati in forme regolari, la qualcosa si traduce in una maggiore resistenza meccanica dell’intera muratura, rispetto a quella in pietra.
Per la fabbricazione dei laterizi si possono utilizzare argille non molto pure e a basso punto di fusione. Da escludere argille contenenti resti di pirite, gesso, solfati che sono causa di “efflorescenze” (macchie bianche superficiali sul manufatto finale) e carbonato di calcio in noduli, causa di fessurazione.
La tecnologia di fabbricazione è semplice. L’argilla, mescolata con eventuali addizioni, è macinata con metodologie diverse, in funzione del grado di umidità dell’impasto. Dopo estrusione, l’essiccazione è effettuata recuperando il calore dei forni di cottura. La cottura dei laterizi è effettuata a temperature tra i 900 e i 1050 °C.
La cottura dei laterizi non sempre è uniforme, specie se condotta in forni non troppo moderni. Pertanto una parte del carico può risultare poco cotta, un’altra troppo, sicché i laterizi assumono caratteristiche e nomi diversi:

  • albasi: poco cotti, di colore per lo più giallo chiaro; sono molto porosi e fragili;
  • mezzani: poco cotti, di colore per lo più giallo rossastro, di media porosità e fragilità;
  • forti: cottura giusta, colore rosso vivo; si presentano sonori all’urto; sono i migliori;
  • ferrioli o ferrigni: troppo cotti, ovvero raffreddati velocemente; di colore rosso scuro, molto compatti e quasi vetrificati; nell’utilizzo, la malta vi aderisce male.

Il laterizio nelle costruzioni s’impiega nelle seguenti tipologie:

  • mattoni e blocchi per murature portanti e non;
  • tegole e coppi per coperture;
  • blocchi leggeri per solai e per tutte quelle opere edili a superfici orizzontali o leggermente inclinate;
  • mattoni da rivestimento.

Laterizi per murature portanti

Costituenti delle murature portanti sono i mattoni pieni, semipieni e blocchi, elementi per lo più di forma parallelepipeda.

Mattoni pieni
Sono così denominati gli elementi privi di fori o con una foratura inferiore al 15% dell’area totale della sezione di estrusione. Possono essere impiegati per murature strutturali o di semplice confinamento di ambienti. Le dimensioni, in genere, sono 5,5 x 12 x 25 cm.

 

Mattoni e blocchi semipieni
Di frequente, nelle murature portanti sono impiegati blocchi semipieni. Sono così definiti gli elementi in laterizio forati, destinati a essere posti in opera con i fori ortogonali al piano di posa. La loro percentuale di foratura varia tra il 15 e il 45%. Gli elementi di formato più grande, il cui volume supera i 5,5 decimetri cubi, sono denominati blocchi: le loro dimensioni sono variabili; l’altezza è intorno ai 25 cm, mentre lo spessore e la lunghezza variano da 12 a 40 cm e da 20 a 50 cm.

 

Murature armate e blocchi rettificati
Nelle murature portanti, poste in zone sismiche, sono inseriti ferri di armatura verticali e orizzontali. Esse sono chiamate murature armate e i blocchi che le costituiscono hanno adatte forature per l’alloggiamento dei ferri. Un interessante tipo di blocco – oltre a essere fornito di forature adatte all’interposizione di armature verticali e orizzontali – è fresato sui piani delle facce forate, affinché l’appoggio tra un pezzo e l’altro sia perfettamente continuo. Per quanto la produzione di questi blocchi sia un po’ più costosa ed esiga impianti particolari, la loro messa in opera risulta molto facilitata, con incremento della velocità di posa. I blocchi sono posti in opera a secco, con spine di centraggio, come un “Lego”. Di tanto in tanto si esegue una colata di malta lungo le forature verticali.

Mattoni e blocchi semipieni alleggeriti
I mattoni e i blocchi semipieni possono essere prodotti anche in laterizio alleggerito, ottenuti miscelando all’impasto dell’argilla, prima della loro formatura, materiale combustibile, finemente suddiviso (carbone, segatura di legno, sferette di polistirolo espanso, sansa esausta ecc.). Questi materiali, durante la cottura, bruciano lasciando all’interno della massa piccoli vuoti i quali aumentano le caratteristiche di isolamento termico.

Laterizi per murature non portanti

S’impiegano elementi in laterizio di tipo leggero che possono essere posti in opera sia a fori verticali sia orizzontali (paralleli al piano di posa). Quest’ultima forma di utilizzazione è quella più diffusa. In tali prodotti l’area complessiva dei fori varia dal 45 fino al 70-75% dell’area totale della sezione di estrusione. Con percentuale di foratura fino al 55% possono essere usati anche con funzioni portanti, per costruzioni in zone non dichiarate sismiche.
Prodotti sia in laterizio normale sia alleggerito, presentano dimensioni che variano dai 5,5 x 12 x 25 ai 25 x 25 x 35 cm. Secondo il livello di prestazione desiderato di protezione termica e acustica, tali elementi possono essere assemblati in un unico o in un doppio strato, con l’eventuale inserimento di materiale termoisolante.
Negli edifici, molte volte, la suddivisione dei locali è eseguita con blocchi denominati “tramezze”. Il rapporto di foratura è compreso tra i160 e il 65%.

Mattoni per faccia a vista

Le murature costituite di mattoni e blocchi comuni sono rifinite con intonacatura sulla superficie esterna e quindi con tinteggiatura. La muratura faccia vista lascia in evidenza il laterizio con la dimensione e il colore originale. In fase di costruzione ci si limita alla fugatura regolare dei giunti di malta tra elemento e elemento. I laterizi e gli elementi speciali faccia a vista costituiscono la “nobilitazione” del mattone comune per muratura. La loro produzione richiede l’uso di argille selezionate, scelte per dare al prodotto uniformità di colore, costanza delle dimensioni e mantenimento nel tempo delle caratteristiche prestazionali.
Oltre ai diversi tipi di faccia a vista sono prodotti pezzi speciali per archi e colonne, per cimase, cornici e scalini, per pavimentazioni ecc.
Della stessa famiglia fanno parte anche i”listelli” e i “frangisole”, elementi a elevata percentuale di foratura, con disposizioni particolari dei setti, per tamponamenti verticali trasparenti caratterizzati da rese estetiche molto suggestive.

Elementi per strutture orizzontali (solai)

Si tratta di elementi di forma pressoché parallelepipeda, destinati a essere messi in opera a fori orizzontali, con l’area dei fori compresa tra il 60 e il 75% . Impiegati nelle strutture orizzontali (solai), che costituiscono i piani di un edificio, sono utilizzati anche come supporto delle coperture.
Possono essere suddivisi in più categorie: elementi per solai da gettare in opera con casseratura, per solai realizzati con travetti (in calcestruzzo armato o in laterizio ad armatura metallica ecc.), per solai preconfezionati a pannelli. Inoltre, possono essere di semplice alleggerimento o collaboranti con la struttura.
Oltre ai solai realizzati con gli elementi descritti, sono impiegati pannelli prefabbricati, composti da una lastra in cemento, armata con tondini o con trefoli di precompressione, e blocchi di alleggerimento in laterizio. I solai in latero-cemento assicurano resistenza al fuoco, protezione termogrometrica, isolamento acustico.

Elementi per coperture (tegole e coppi)

In Italia esistono due categorie di prodotti per coperture: le tegole curve (o coppi) e le tegole piane che, secondo la loro conformazione, prendono varie denominazioni: portoghese, marsigliese, romana
La differenza tra le due categorie, oltre alla forma, è nel tipo di giunzione tra elemento ed elemento: per i coppi la tenuta agli agenti atmosferici è affidata alla semplice sovrapposizione degli elementi, nelle tegole piane una serie d’incastri e risalti su tre lati, assicurano la tenuta richiesta. Si possono ottenere vari tipi di colore sia miscelando diverse qualità di argilla, sia aggiungendo sostanze coloranti, per lo più ossidi metallici, all’impasto. In tal modo si ottengono colorazioni che spaziano dal giallo al rosso al testa di moro.
Sono inoltre prodotti tegole e coppi smaltati in vari colori, e tipi “antichizzati”, ai quali è dato artificialmente quell’aspetto che il tempo e l’azione del sole, vento e pioggia conferiscono alle coperture. Quest’ultimo tipo di produzione trova sempre più largo impiego negli interventi di restauro e ristrutturazione.

Tavelle e tavelloni

I tavelloni sono elementi forati, con spessore tra 6 e 8 cm, larghezza di circa 25 cm e lunghezza che varia da 50 a 200 cm e più. Le tavelle hanno analoga forma ma sono di spessore minore (4-6 cm) e di lunghezza massima compresa tra i 40-50 cm.
Le tavelle trovano impiego nelle controsoffittature, nelle “fodere” di pareti verticali e in interventi d’isolamento termico (come coperture di pilastri e cordoli in c.a. per evitare i ponti termici). I tavelloni sono impiegati sia per realizzare strutture orizzontali, appoggiati su travetti o muri, sia per strutture verticali di controfodera o tramezzature. Per quest’ultima destinazione sono impiegati tavelloni “gessati”, ricoperti di gesso su una o su tutte due le facce maggiori, onde ottenere una superficie piana senza necessità di ulteriore intonacatura.

Requisiti dei prodotti

I requisiti commerciali dei laterizi sono elencati di seguito.
1) Aspetto: Il numero e tipo delle fessurazioni (superficiali, profonde, capillari); Il numero, dimensioni e posizioni delle scagliature degli spigoli e delle facce di taglio dei pezzi; Il numero delle scoppiature dovute ai granuli di ossido di calcio; L’attitudine all’efflorescenze.
2) Resistenza meccanica: Essa è definita dai valori di sollecitazione a rottura, a compressione (determinata nella direzione di estrusione) o a flessione di pezzi interi o di parti.
3) Tolleranze dimensionali: La precisione assoluta nelle dimensioni dei pezzi di laterizio è impossibile. Sono fissate tuttavia tolleranze sulle dimensioni lineari dei vari prodotti al fine di consentirne un adeguato accoppiamento in opera. Sono considerate anche le tolleranze di planarità delle facce, in particolare, per tegole e tavelloni.
4) Comportamento sotto l’azione degli agenti atmosferici: Si considerano due caratteristiche particolari: non gelività per gli elementi posti in opera all’esterno e impermeabilità per tegole e coppi. La prima riguarda la resistenza al gelo (mantenimento d’integrità e di resistenza meccanica dopo ripetuti cicli di gelo e disgelo). La seconda definisce i limiti del passaggio di acqua dalla faccia superiore all’inferiore in un pezzo, in condizioni definite di tempo e di battente.
5) Porosità e peso specifico: La porosità del laterizio è importante come mezzo di riequilibrio dell’umidità all’interno degli ambienti. Sono fissati limiti minimi e massimi per la porosità, anche in relazione all’assorbimento di acqua.
6) Aderenza della malta.

Terracotte

Per la produzione delle terrecotte si utilizzano argille di tipo analogo a quelle usate per i laterizi. Il colore dei manufatti dipende dalla quantità di ossido di ferro presente nell’argilla di partenza. Le terrecotte si usano per oggetti ornamentali, recipienti ecc. Nel caso in cui le terrecotte siano utilizzate per la produzione di recipienti per liquidi devono essere impermeabilizzate con un rivestimento (vetrina o smalto).

Faenze (o terraglie ordinarie)

Le terraglie ordinarie sono prodotte con argille della stessa natura, o più pure, di quelle usate per i laterizi e le terrecotte. Le terraglie si distinguono da queste ultime per essere ricoperte da un rivestimento vetrificato costituito da una vetrina o da uno smalto bianco o colorato. In alcuni casi le faenze sono ricoperte con un sottile strato di ingobbio. Il manufatto noto con il nome di maiolica è una terraglia ordinaria, ricoperta da uno smalto. che trova impiego nella fabbricazione di piastrelle da rivestimento per interni ecc. La fabbricazione della faenza prevede almeno due cotture. La prima, denominata biscottatura, è eseguita a temperatura intorno ai 950 °C: la seconda, destinata alla vetrificazione del rivestimento, è eseguita a una temperatura di poco inferiore (circa 920 °C). Le piastrelle in maiolica si trovano in commercio nel classico formato 15 x 15. Le piastrelle note con il nome di cotto, sono Faenze non smaltate che trovano impiego per pavimentazioni rustiche di interni.

Terraglie tenere e forti

Appartengono a questo gruppo i prodotti a pasta porosa e a pasta parzialmente vetrificata, ma sempre bianca, che non richiedono uno strato di smalto coprente. La decorazione di questi prodotti è effettuata dopo la prima cottura. Il manufatto è poi ricoperto con uno strato di vetrina e sottoposto a una seconda cottura. Le terraglie si dividono in tenere e forti secondo la resistenza opposta alla scalfittura e le caratteristiche meccaniche. Queste ultime sono strettamente correlate con la composizione delle materie prime e con la temperatura raggiunta durante la cottura. Le terraglie tenere sono cotte a circa 1100 °C e trovano impiego nella fabbricazione di piastrelle da rivestimento e apparecchi sanitari di basso costo. Questi ultimi, infatti, si scheggiano con facilità e sono quindi sconsigliabili per l’aspetto igienico Le terraglie forti, dette anche porcellane opache, sono cotte a 1200-1300 °C
Sono più resistenti e più pregiate delle terraglie tenere e sono anch’esse utilizzate nella fabbricazione di piastrelle da rivestimento e di apparecchi ,anitari. Difetto tipico della terraglia forte è il cavillo che consiste nella formazione di piccole crepe nello strato di vernice.

Prodotti a pasta compatta

Appartengono a questo gruppo i prodotti a massa vetrificata o sinterizzata, come le porcellane, i grès, gli smalti. Caratteristica di questi prodotti è l’impermeabilità.

Porcellana

Sono i prodotti ceramici più pregiati, fabbricati impiegando miscele di caolino, quarzo e feldspato, cotte fino a completa vetrificazione. Secondo la composizione della miscela di partenza, le porcellane possono essere distinte in porcellane feldspatiche, fosfatiche e fritte. Nell’ambito dell’edilizia sono notevoli gli utilizzi delle porcellane feldspatiche. Nel gruppo delle porcellane feldspatiche sono comprese la porcellana classica, la vitreous-china, la porcellana sanitaria.
Porcellana classica. Questa porcellana è detta anche porcellana dura, per distinguerla dalla porcellana fritta, che è detta tenera per la minor durezza dello smalto e la minor refrattarietà. La porcellana classica è prodotta da materie prime a elevato grado di purezza. Il manufatto è foggiato a mano, sul tornio, con forgiatrici meccaniche, o per colaggio in forme. Il manufatto è quindi essiccato e cotto a circa 900 °C affinché acquisisca una consistenza sufficiente alle successive manipolazioni. Il rivestimento con vetrina si effettua immergendo il manufatto in vernici e sottoponendolo quindi a cottura tra i 1380 e i 1420 °C. A queste temperature si ottiene la gresificazione della massa e la fusione della vernice.
I difetti più comuni della porcellana consistono in:

  • screpolature, dovute a difettosa foggiatura;
  • deformazioni, dovute a eccessiva temperatura di cottura;
  • macchie, dovute a impurezze contenute nella pasta.

La porcellana cotta ad alta temperatura senza il rivestimento di vetrina prende il nome di Bisquit e trova impiego nella fabbricazione di statuine, oggettistica.
Vitreus-china. Porcellana di tipo feldspatico, come la classica, cotta però a temperatura più bassa, e cioè fra 1230 e 1320 °C. Per la sua produzione si utilizzano materie prime di buona qualità, ma non pure come quelle utilizzate nella produzione della porcellana classica. Per questo motivo la vitreus-china è una porcellana più economica della porcellana classica.
Porcellana sanitaria. Questa porcellana ha una composizione simile alla precedente e i manufatti sono fabbricati colando la pasta fluida entro stampi di gesso. La porcellana sanitaria più diffusa è quella ottenuta con una cottura unica di pasta e vernice. Fra i prodotti ceramici per uso sanitario, questa è la più usata essendo costituita da una massa compatta. È utilizzata per lavabi, lavelli, water-closed ecc.

 

Grès

Il grès è un prodotto dotato di porosità in pratica nulla, conseguente alla presenza di una fase vetrosa in quantità del 40-50%. I grès sono caratterizzati da buone proprietà meccaniche (resistenza a compressione 200-300 MPa), da elevata resistenza all’attacco chimico e da una bassa resistenza agli sbalzi termici. Il prodotto è sonoro all’urto e non è scalfito da una punta di acciaio. Si distinguono diversi tipi di grès.
Grès per edilizia. Si presenta compatto e di colore rosso cupo. Si prepara a partire da argille ricche di ossidi di ferro cotte tra 1000 e 1200 °C. È utilizzato, in genere non smaltato, per piastrelle di pavimentazioni di locali industriali o di servizio.
Grès per fognature. Si prepara a partire da argille con elevate quantità di ossidi di ferro. Sono cotte a 1280 °C circa. I prodotti assumono un caratteristico colore rosso. Prima che la cottura si completi, il grès è ricoperto, mediante un sistema detto di salatura, da una patina, affinché le superfici risultino del tutto lisce. La salatura consiste nella vaporizzazione in forno di cloruro di sodio (sale da cucina). I vapori reagiscono in superficie con i costituenti della pasta formando una vetrina silico-alcalina. Questa conferisce una maggiore impermeabilità e brillantezza superficiale. I prodotti così ottenuti presentano elevata resistenza agli acidi e maggiore durezza. Sono idonei all’impiego nelle condutture per fognature e per liquidi ad azione corrosiva.
Grès antiacido o chimico. Questo tipo di grès è molto resistente all’azione di quasi tutti gli agenti chimici. È preparato con materie prime selezionate e cotte a 1280 °C circa. Di colore grigio chiaro o avorio è utilizzato per tubazioni, serpentine, rubinetti, piastre, recipienti, mattoni, piastrelle per ambienti molto aggressivi.
Il grès porcellanato è un materiale duro, resistente agli agenti chimici. antigelivo e impermeabile. È il materiale ideale per la pavimentazione di ristoranti, aeroporti, scuole, centri commerciali. Il grès porcellanato può essere sottoposto industrialmente alla levigatura. Si ottiene così il tipo 1evigato”, dotato di lucentezza a specchio.

Clinker

Il clinker è un prodotto vetrificato completamente sinterizzato, con struttura uniforme e omogenea, resistente sia alle aggressioni chimiche (acidi e oli) sia alle sollecitazioni fisiche (urti e graffi). Si ottiene da argille refrattarie cotte a 1200 °C circa. Il clinker trova impiego nella fabbricazione di mattoni e di mattonelle per pavimentazione (di marciapiedi, di officine, per coperture soggette a elevati carichi o a usura o all’azione di agenti chimici) e, inoltre, per il rivestimento esterno di fabbricati.
È facile da pulire anche nelle versioni con superficie lavorata. Ha piccola porosità e minima conduzione termica, quindi buone proprietà termoisolanti.
Appartengono a questo gruppo le piastrelle per pavimenti note con il termine monocottura. Queste si ottengono cuocendo, a 1300 °C circa, miscele di argille e feldspati additivati con coloranti. Le monocotture sono materiali per pavimento resistenti alle abrasioni e al calpestio. Recente¬mente si è imposta anche una monocottura porosa (a supporto colorato) per rivestimento, detta “monoporosa”.

Smalti ceramici

Gli smalti ceramici sono prodotti che trovano impiego come materiale protettivo di superfici metalliche (acciaio, ghisa, alluminio, rame) allo scopo di accoppiare alle elevate caratteristiche meccaniche e di formabilità del metallo, le particolari capacità di resistenza agli agenti chimici e all’usura proprie dei prodotti ceramici. La smaltatura prevede la preparazione del metallo di base, l’applicazione dello smalto e la sua cottura. La smaltatura è utilizzata per la produzione di molti oggetti di uso quotidiano quali elettrodomestici, vasche da bagno ecc. La composizione chimica dello smalto varia in funzione dell’applicazione alla quale è destinato. Infatti, lo smalto deve garantire che i coefficienti di dilatazione e di contrazione termici siano uguali a quelli del metallo da smaltare, al fine di evitare formazione di incrinature.

Piastrelle

 

Le piastrelle ceramiche sono lastre sottili, utilizzate per il rivestimento di pavimenti e pareti, allo scopo di conferire loro caratteristiche e prestazioni di tipo tecnico ed estetico. Esistono tipi di prodotto diversi per materie prime, tecnologia di fabbricazione, colore, superficie (smaltata, ossia rivestita con un sottile strato vetroso, colorato e/o decorato ecc.). Diversi sono i formati.
Nei rapporti commerciali sono tuttora in uso e radicate, nei diversi paesi, atre denominazioni le quali costituiscono un diverso sistema di classificazione.

Fabbricazione

Formatura. Tutti i tipi di piastrelle sono formati mediante pressatura, ad eccezione del clinker e del cottoforte.
Cottura. È effettuata, per la maggior parte dei prodotti, in forni rapidi. Le temperature variano dai 1000-1050 °C per i prodotti porosi, ai 1050-1100 °C della monocottura rossa, ai 1150-1200 °C della monocottura chiara, ai 1200-1250 °C del grès porcellanato. I cicli di cottura variano dai 30 ai 70 minuti.

 

Sanitari

Gli apparecchi sanitari in ceramica sono fabbricati in:

  • vitreous-china (o porcellana sanitaria); è un prodotto con massa bianca compatta a grana fine (non superiore a 74 µm) avente un assorbimento di acqua non superiore allo 0,5%; è ricoperto da vetrina bianca o colorata.
  • fire-clay (o grès porcellanato); è un prodotto a massa porosa di grana medio-grossa (non superiore a 1,5 mm) avente un assorbimento di acqua non superiore al 13%; è ricoperto da ingobbio greificato e/o vetrina bianca o colorata.
  • fine fire-clay (o grès fine porcellanato); è un prodotto a massa porosa con grana medio-fine (non superiore a 0,5 mm) avente un assorbimento di acqua non superiore al 9%; è ricoperto da ingobbio greificato e/o vetrina bianca o colorata.

 

A differenza di quanto riportato per le piastrelle ceramiche, nel settore dei sanitari la denominazione “grès porcellanato” corrisponde a un prodotto poroso.
Le serie di sanitari destinati al bagno sono fabbricati quasi esclusivamente in vitreous-china; il fire-clay e il fine fire-clay sono utilizzati per produrre articoli di dimensioni maggiori.

Formatura

La formatura è effettuata per colaggio. Nei processi tradizionali è effettuata a pressione atmosferica in stampi di gesso. Come alternativa ai tradizionali processi manuali esistono impianti di colaggio automatico.

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