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Le armature nel calcestruzzo

L’acciaio nel calcestruzzo è ben protetto dall’elevata alcalinità dell’ambiente cementizio che, in condizioni di calcestruzzo integro, presenta valori di pH compresi tra 12,6 e 13,8. D’altra parte, per valori di pH superiori a 11,5 è necessaria la presenza di cloruri affinché abbia inizio il fenomeno di corrosione. Tale quantità aumenta al crescere del pH.

Il ferro assume, in un ambiente così alcalino, condizioni di passività dovute alla formazione di uno strato protettivo di ossido con riduzione della velocità di corrosione a valori trascurabili.
L’ossidazione dei ferri di armatura è dovuta, oltre che alla penetrazione dei cloruri, al processo di carbonatazione: ambedue distruggono lo strato di ossido protettivo. La formazione di ossido di ferro con volume specifico tino a 6-8 volte maggiore rispetto al ferro metallico delle sbarre, provoca la fessurazione, la disgregazione e, in taluni casi, il distacco del copriferro detto spalling).

La carbonatazione

L’anidride carbonica presente nell’atmosfera, quando viene a contatto con il calcestruzzo, neutralizza, a partire dagli strati più esterni, i suoi componenti alcalini e, in particolare, la calce di idrolisi. Il pH della soluzione contenuta nei pori si riduce dai valori usuali intorno a 13 a valori inferiori a 9, ben sotto cioè di pH 11,5 valore necessario per assicurare, in assenza di cloruri, le condizioni di passività dell’armatura.
Una volta che l’armatura è depassivata, e sono presenti sulla sua superficie acqua e ossigeno, si produce una corrosione di tipo generalizzato.

La carbonatazione del calcestruzzo con conseguente depassivazione delle armature non provoca corrosione se l’acqua e l’ossigeno non sono presenti sulla superficie delle armature. In un calcestruzzo carbonatato, i ferri non si corrodono sia in atmosfera con umidità relativa minore del 50% (per mancanza di acqua) sia quando il manufatto è immerso in acqua (per scarso apporto di ossigeno alla superficie delle armature).

Le condizioni di umidità ambientale più critiche per il prodursi della corrosione – una volta che la carbonatazione è avvenuta – sono quelle con umidità relativa compresa tra 60 e 98%, oppure quelle caratterizzate da condizioni di alternanza asciutto-bagnato (che permettono l’ingresso sia della COz sia dell’acqua).

La velocità con cui il processo di carbonatazione avanza all’interno del calcestruzzo dipende da:

  • la permeabilità del calcestruzzo (e quindi i fattori che la determinano quali il rapporto a/c, la compattazione e maturazione del getto), la sua riserva di alcalinità (e quindi il tipo e la quantità di cemento impiegato);
  • l’umidità atmosferica e la presenza di bagnamenti intermittenti, come quelli provocati dalla pioggia.

L’attacco da cloruri

La presenza di cloruri può portare alla distruzione del film di passività che ricopre il ferro e all’innesco della corrosione. L’attacco dei cloruri si manifesta soprattutto nelle zone marine o sui viadotti montani per il massiccio uso di sali da disgelo. La presenza di cloruri può anche essere dovuta alla loro presenza nell’impasto, apportati dai materiali utilizzati.
Dal punto di vista morfologico, l’attacco dei cloruri si presenta localizzato (pitting corrosion).

Prevenzione e controllo dei fenomeni di degrado

Le sollecitazioni statiche, dinamiche e cicliche, così come il ritiro igrometrico, lo scorrimento viscoso e le sollecitazioni termiche possono provocare fessurazione del copriferro. Le fessure aumentano molto la permeabilità del calcestruzzo, poiché costituiscono percorsi preferenziali e diretti per la penetrazione dei cloruri e dell’anidride carbonica atmosferica.

In sede di progetto e di realizzazione delle strutture, la corrosione delle armature deve essere prevenuta per un periodo di 50-60 anni, in conformità a quanto imposto dalla norma europea EN 206 e dall’Eurocodice 2. In funzione delle condizioni di esposizione ambientale, in cui la struttura si troverà a operare, tali norme impongono vincoli sempre più stretti circa le modalità di confezione e di messa in opera del calcestruzzo. In presenza di ambienti molto aggressivi, il semplice rispetto di queste normative può non essere sufficiente per prevenire la corrosione in tempi brevi. Diviene così necessario ricorrere a misure di protezione per evitare che opere di particolare interesse non richiedano, dopo pochi anni dalla loro costruzione, interventi di ripristino molto onerosi.

Per aumentare la resistenza alla corrosione delle armature delle strutture già esistenti, l’unica soluzione possibile è rivestire la superficie esterna del calcestruzzo.

La protezione con rivestimenti superficiali

Si può ridurre l’influenza delle sostanze aggressive limitandone la penetrazione attraverso i pori e i capillari del calcestruzzo per mezzo di rivestimenti protettivi. Questi rivestimenti, se applicati su costruzioni nuove, appena l’indurimento è completato, hanno la funzione di preservare l’ambiente alcalino iniziale caratteristico del calcestruzzo. Applicati su strutture già esistenti, invece, costituiscono una barriera che può considerarsi l’equivalente di uno spesso copriferro di calcestruzzo.

Il rivestimento protettivo deve isolare il calcestruzzo dalle sostanze aggressive presenti nell’ambiente, principalmente acqua liquida, cloruri, anidride carbonica e ossigeno. Nei riguardi di queste sostanze la pellicola di protettivo deve essere il più possibile impervia. La pellicola dovrà, al contrario, risultare il più permeabile possibile al vapore d’acqua. In caso contrario, con il variare della temperatura, possono generarsi tensioni all’interfaccia pellicola-calcestruzzo, capaci di causarne il distacco. L’efficacia dei rivestimenti protettivi va verificata in presenza dell’irraggiamento solare, dei cicli di gelo-disgelo e di eventuale abrasione.

Un ulteriore requisito dei protettivi è di mantenere integra la pellicola su fessure già esistenti nel conglomerato che, in genere, variano di apertura con le variazioni termiche e con il ritiro. Più gravoso è il requisito di mantenere l’integrità su fessure che appaiono dopo l’applicazione della pellicola sulla superficie del calcestruzzo. I parametri su cui si può influire, invece in fase di progettazione e co¬struzione, sono molteplici.

La qualità del calcestruzzo

Se le caratteristiche di composizione e di porosità del calcestruzzo sono corrette e lo strato di ricoprimento è integro e sufficientemente spesso, allora il ferro delle armature è protetto, in quanto i prodotti basici che si formano durante l’idratazione del cemento, principalmente costituiti da Ca(OH),, lo mantengono a un pH attorno a 12,6 in condizioni in cui il ferro è perfettamente passivo.

Inibitori di corrosione

Gli inibitori sono sostanze che sono aggiunte all’impasto di calcestruzzo per prevenire la corrosione dell’acciaio. Esistono inibitori anodici, che mantengono la superficie delle armature in condizioni di passività, inibitori catodici che riducono la velocità della reazione catodica di riduzione di ossigeno e inibitori misti che agiscono sia sul processo catodico sia su quello anodico.

Gli inibitori di corrosione, in genere, sono utilizzati per prevenire la corrosione dovuta ai cloruri, piuttosto che per contrastare la carbonatazione.
L’efficienza dell’inibitore dipende dalla sua concentrazione: esiste una concentrazione minima al di sotto della quale non è efficace. Il nitrito di calcio è l’inibitore più adoperato.

Lo spessore del copriferro

In dipendenza dalle condizioni ambientali lo spessore del copriferro deve essere il più elevato possibile per assicurare una durevole passivazione dell’acciaio nel calcestruzzo. Dovendo assolvere la funzione di proteggere nel tempo l’armatura dalla corrosione, il copriferro acquista primaria importanza per la durabilità del manufatto e deve essere oggetto di severe prescrizioni progettuali e continue verifiche in opera.

La protezione delle barre

Una tecnica che garantisce protezioni aggiuntive contro i fenomeni di degrado è quella dei rivestimenti delle armature. Le alternative sono:

  • rivestimenti polimerici;
  • rivestimenti zincati.

Rivestimenti polimerici. La protezione mediante rivestimenti polimerici si basa sul principio di isolare l’armatura dagli agenti aggressivi che penetrano nel calcestruzzo. Il rivestimento deve:

  • essere di facile ed economica applicazione;
  • ricoprire l’armatura in modo uniforme e senza difetti e porosità, onde evitare attacchi locali nelle zone scoperte;
  • ssere tenace e aderire bene;
  • essere abbastanza flessibile da consentire una facile piegatura e posa in opera delle armature;
  • essere stabile e in grado di sopportare le sollecitazioni trasmesse dal calcestruzzo;
  • resistere agli agenti corrosivi per l’intera vita dell’opera.

Le resine epossidiche sono in grado di soddisfare queste condizioni presentando, inoltre, valori delle tensioni di aderenza al calcestruzzo solo di poco inferiori (15-20%) a quelli delle barre di acciaio ordinario.
Particolare attenzione deve essere posta nelle fasi di spedizione, trasporto, piegatura e assemblaggio delle gabbie, deposito in cantiere e getto del calcestruzzo, in quanto lo strato protettivo può danneggiarsi con facilità.

 

Rivestimenti zincati. La zincatura delle armature si ottiene mediante immersione dell’acciaio in un bagno di zinco fuso a una temperatura di circa 450 °C. Lo spessore dei vari strati di leghe ferro-zinco dipendono dalla composizione dell’acciaio, dalla temperatura del bagno stesso, dal tempo di immersione e dalla velocità di estrazione dal bagno stesso (lo spessore del rivestimento risulta in genere compreso tra 60 e 120 µm).
Lo zinco, anche corrodendosi, esplica la sua azione protettiva nei confronti dell’acciaio sottostante. Al contrario di quanto accade per le armature di acciaio non rivestito, i prodotti di corrosione dello zinco non provocano danneggiamenti meccanici al calcestruzzo circostante, non essendo tali prodotti espansivi. Inoltre, lo zinco esercita anche una protezione catodica sull’acciaio che è messo eventualmente a nudo. Solo a esaurimento del periodo di protezione, l’acciaio, non più protetto dal rivestimento dello zinco, inizierà a corrodersi con velocità simile a quella delle armature non zincate.
La zincatura, molto più economica degli altri sistemi di prevenzione, presenta problemi nel primo periodo di vita. Solo se protetta in tale periodo la zincatura fornisce buoni risultati a tempi lunghi.
L’idrossido di zinco che si forma interagisce con Ca(OH), liberato dall’idratazione del cemento, dando luogo a un idrossi-zincato di calcio con sviluppo di idrogeno.
Questo prodotto, perfettamente stabile, protegge gli strati di zinco sottostante. Ma l’idrogeno che si sviluppa disturba l’adesione dell’armatura al calcestruzzo. Per evitare lo sviluppo di idrogeno, il tondino zincato deve essere passivato con una soluzione allo 0,2% di cromato di sodio o sale equivalente, in genere, applicato dallo zincatore. In alternativa, si può usare nella fase di impasto del calcestruzzo triossido di cromo aggiunto all’acqua di impasto in ragione di 0,1 ± 0,3 g per litro. Passivando lo zinco, si evita lo sviluppo di idrogeno. In tal modo, il coefficiente di aderenza dell’acciaio zincato al calcestruzzo è uguale a quello dell’acciaio normale.
L’uso dell’acciaio zincato nelle armature non comporta variazione della normale pratica operativa. È raccomandata la piegatura del tondino dopo la zincatura. Si otterranno i seguenti vantaggi:

  • minor costo nella zincatura;
  • minor costo dei trasporti, dovuto a volumi minori e più facile manipolazione;
  • nessun pericolo di deformazione della sagomatura.

Le piegature devono essere eseguite, oltre che secondo le norme vigenti, in modo che il raggio interno sia maggiore di almeno 5 volte il diametro del tondino. L’eventuale scagliatura del rivestimento di zinco sulle piegature non desta preoccupazione. È opportuno ripristinare, nella zona di taglio e di saldatura o di grave danneggiamento, lo strato di zinco con vernici a base di polvere di zinco.
Il controllo dello spessore di zinco è di fondamentale importanza per l’aderenza delle barre ad aderenza migliorata. Infatti, a causa di un drenaggio non accurato dello zinco fuso in fase di estrazione delle barre dal bagno, lo zinco potrebbe riempire la parte inferiore delle gole tra le nervature, modificandone la geometria.

 

Acciaio inossidabile.Una misura più drastica è quella di sostituire l’armatura metallica tradizionale con acciaio inossidabile. Il livello di concentrazione di cloruri sopportabile da parte delle armature di acciaio inossidabile è più alto (da 10 a 20 volte) di quello in corrispondenza del quale l’armatura tradizionale inizia a corrodersi. Tuttavia, il suo uso per barre di rinforzo è molto limitato a causa del costo elevato.
In genere, le armature sono realizzate con acciai inossidabili austenitici o duplex austeno-ferritici. Nel calcestruzzo non carbonatato e non inquinato da cloruri, le barre di acciaio inossidabile sono passivate come le normali barre di acciaio al carbonio. Pertanto, gli acciai inossidabili non danno alcun vantaggio. Il loro impiego è, in genere, associato ad ambienti contenenti cloruri. Per strutture soggette solo a carbonatazione, la prevenzione della corrosione può essere ottenuta in modo più economico, per esempio con la zincatura.
In calcestruzzi contenenti cloruri anche gli acciai inossidabili possono subire corrosione, ma il contenuto di cloruri richiesto per l’innesco del processo è più elevato. Il contenuto critico di cloruri diminuisce se il calcestruzzo è carbonatato.
Una completa sostituzione delle armature di acciaio al carbonio comporta un aumento fino a130% del costo iniziale della struttura. L’uso delle armature di acciaio inossidabile, allora, deve essere selettivo: il loro impiego è giustificato solo in alcuni punti.
Le barre di rinforzo di acciaio inossidabile austenitico trovano impiego in varie strutture in calcestruzzo armato. Tra queste:

  • restauri di monumenti;
  • strutture con elevate caratteristiche antisismiche;
  • strutture a elevato rischio di incendio.

 

La protezione catodica.La protezione catodica delle armature è utilizzata da lungo tempo per proteggere strutture operanti in ambienti come il terreno o l’acqua di mare. Da qualche decennio è stata applicata anche a strutture esposte all’atmosfera.
Questa tecnica porta le armature in condizioni di protezione caratterizzate da velocità di corrosione trascurabile. Questo effetto si ottiene con densità di corrente dell’ordine di 2-20 mA/ml. Queste condizioni devono essere, però, mantenute per tutta la vita di servizio della struttura. È richiesto, pertanto, un sistema anodico fisso immerso nel calcestruzzo e un sistema di monitoraggio per la costante verifica del permanere delle condizioni di protezione.

Monitoraggio

Rilevando al più presto i segni del degrado attraverso un costante monitoraggio dell’opera, si possono ottenere notevoli vantaggi. Il tipo di monitoraggio può essere stabilito caso per caso, in funzione delle condizioni di aggressività dell’ambiente. Il metodo consiste nell’inserire all’interno della struttura, al momento della sua costruzione o successivamente, appositi elettrodi vicino alla superficie delle armature. In tal modo è possibile misurare, in modo automatico, l’andamento del potenziale delle armature durante la vita dell’opera e rilevare l’eventuale innesco della corrosione.

Il sistema può essere applicato con efficacia sia nelle nuove strutture durante la costruzione sia in quelle esistenti durante la ristrutturazione. Il rilevamento immediato di situazioni critiche permette rapidi interventi di manutenzione che riducono i costi di questi ultimi.

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